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"BEHIND CLOSED DOORS"

Gary Lineker - Danny Baker 

Penguin Randhom House - 2019

Gary Lineker è un personaggio molto interessante, per certi versi assimilabile a Jorge Valdano: a parte l’ottima carriera di calciatore, infatti, ha spesso preso posizione su vari fenomeni della società moderna, mostrando – a prescindere dal merito delle sue osservazioni – una notevole apertura mentale e grande intelligenza.

Per questa ragione ho atteso con molta curiosità l’uscita di questo libro, che alla fine non ha deluso le aspettative.

Oltre ad esporre numerosi aneddoti ed a racconti legati alle abitudini di giocatore (la superstizione, ad esempio), Lineker affronta alcune tematiche del calcio moderno, e si cimenta in alcune delle questioni controverse più diffuse (il dualismo Messi – Ronaldo e quello Messi – Maradona, ad esempio).

Non si tratta di una classica autobiografia, già solo per il fatto di essere “abbinata” ai contributi di Danny Baker, giornalista molto noto in Inghilterra che realizza con Lineker un podcast (ambientato nella cucina dell’ex attaccante) il cui titolo è stato trasferito al libro.

Dei venti capitoli in cui il volume è suddiviso, alcuni sono scritti da uno solo dei due Autori, mentre altri contengono contributi di entrambi. L’opera, dunque, appare pensata prevalentemente per il pubblico inglese, ma, anche per la prevalenza delle considerazioni di Lineker, può essere apprezzata anche da chi è interessato solo alle vicende di quest’ultimo.

Date la struttura e le dimensioni del libro (poco più di 300 pagine), la vita e la carriera di Lineker non vengono raccontate in maniera molto analitica, e sono invece riassunte per macro periodi.

Si parte dell’infanzia vissuta serenamente a Leicester, con la passione per il calcio e per il team locale. Quest’ultima, in particolare, ha portato recentemente Lineker a gioire moltissimo per la vittoria della Premier League, al punto da costringerlo ad onorare una singolare promessa votiva (presentare una trasmissione tv in mutande) ed a dichiarare senza alcuna esitazione che per far parte dell’impresa dei ragazzi di Ranieri avrebbe rinunciato a tutti i titoli vinti in carriera, scarpa d’oro compresa.

In un capitolo successivo viene descritta la trafila nelle squadre giovanili e l’esordio nel Leicester di fine anni 70, che galleggiava tra la “serie A” e quelle inferiori. Il talento non mancava e si fortificò nel clima aspro di quei campionati, fino a manifestarsi a suon di gol anche nel torneo maggiore e ad attirare l’attenzione dei club inglesi allora più in voga, ovvero Liverpool ed Everton.

La scelta di Lineker cadde sui Toffees in buona misura per “colpa” di Rush, che per lignaggio (maggiore) e caratteristiche tecniche (molto simili) avrebbe rischiato di lasciargli poco spazio. Sull’altra sponda della Merseyside, invece, era appena andato via l’idolo Andy Gray, il che offriva maggiori opportunità, anche se esponeva ai rischi di un paragone impegnativo.

Il racconto dell’anno vissuto alle dipendenze di Howard Kendall è molto ricco di aneddoti e si conclude con un episodio piuttosto singolare, ovvero la celebrazione della sconfitta. Probabilmente anche per ragioni di immagine (c’era da riscostruire una buona reputazione del calcio inglese dopo la tragedia dell’Heysel) si decise che le due squadre di Liverpool, che si contendevano campionato ed FA Cup, avrebbero fatto insieme il tour su un bus scoperto, per onorare il predominio del calcio cittadino. Il proposito fu realizzato, ma poiché entrambi i titoli vennero vinti dal Liverpool si può immaginare con che spirito i giocatori dell’Everton affrontarono il percorso (Peter Reid in realtà si rifiutò, pagando senza alcuna esitazione una multa salata).

Per fortuna di Lineker arrivò il mondiale messicano, che lo consacrò a livello internazionale con il titolo di capocannoniere nonostante un fastidioso infortunio ad una mano. Ampio spazio è destinato nel libro alla famosa partita contro l’Argentina: secondo Lineker il guardalinee bulgaro vide il gol di mano di Maradona ma non ebbe il coraggio di segnalarlo; sul secondo gol, ovviamente, solo complimenti, ed in generale nessun astio verso il Pibe de Oro (a differenza di molti suoi compagni di allora).

Nonostante l’ordine dato al suo procuratore, mentre era in Messico Lineker fu contattato dal Barcellona di Terry Venables, ed alla fine decise di intraprendere l’avventura spagnola. Anche questa parte del volume è molto interessante: Lineker racconta che, superando le grandi differenze legate al calcio e più in generale allo stile di vita, riuscì ad ambientarsi presto e bene. In quel periodo dominava il Real Madrid della Quinta del Buitre, ma il centravanti inglese riuscì a togliersi alcune soddisfazioni; in particolare, una tripletta nel Clasico ed i quattro gol con la nazionale alla Spagna, che a Barcellona furono quasi festeggiati.

Paradossalmente, il periodo peggiore in Spagna è coinciso con l’arrivo di Cruyff alla guida tecnica. Pur considerandosi molto adatto al sistema di gioco del tecnico olandese, che prevedeva due ali ed un attaccante centrale, l’Autore afferma di essersi sentito quasi subito escluso dal progetto, finendo spesso in panchina o (forse peggio) sull’ala destra per far giocare in mezzo Julio Salinas… Ciò, si sostiene, avvenne per un duplice motivo: in parte, l’epatite che colpì Lineker durante gli europei tedeschi del 1988 e gli fece perdere i mesi iniziali; ma, principalmente, il fatto che Cruyff (cui viene comunque riconosciuta l’assoluta genialità, anche fuori dall’ambito calcistico) volesse liberarsi di lui per acquistare giocatori stranieri più tecnici e maggiormente apprezzati. Il che, obiettivamente, avvenne…  

Dopo la bella soddisfazione della coppa delle coppe vinta contro la Sampdoria, occorreva dunque trovare una nuova sistemazione e le offerte non mancarono, soprattutto dall’Inghilterra. La prima fu di Brian Clough, che, alla fine di una breve e tesa telefonata, incassò il rifiuto a modo suo, cioè piuttosto male.

Fu, invece, accettata quella del Tottenham, che allora stava sviluppando un progetto volto ad interrompere il dominio di Arsenal, Manchester United e Liverpool. Non fu così, nonostante la presenza di alcuni giocatori importanti, a partire da Gascoigne. A lui è dedicato uno dei capitoli più belli del libro, in cui sia Lineker (più in ambito calcistico) sia Baker (che di Gazza è stato amico per diverso tempo) tracciano un profilo ricco di riflessioni ed aneddoti.

Il ritorno nel calcio inglese viene descritto come più difficoltoso del previsto e del precedente adattamento al calcio spagnolo, ma consentì a Lineker di giocare con continuità nel suo ruolo e gli garantì un posto da titolare per i mondiali del 1990. Dopo un girone eliminatorio non brillante, la nazionale superò ostacoli duri come Belgio e soprattutto Camerun, per poi venire eliminata ai rigori dalla Germania (con una frase divenuta celebre anche oltre l’ambito sportivo, Lineker dirà che “il calcio è uno sport molto semplice: si fronteggiano due squadre di undici giocatori ed alla fine vincono i tedeschi”). Anche qui, come a Mexico 86, la delusione fu tantissima, seppur per ragioni diverse: se in quel caso c’era stata la vicenda del gol irregolare di Maradona, in Italia si trattò di dettagli ritenuti per lo più casuali, come il fatto che Gascoigne, affranto per l’ammonizione subita e la conseguente squalifica per la partita successiva, non sia stato in grado di tirare uno dei rigori, “condannando” a farlo un non specialista come Waddle.

Come molti commentatori inglesi, Lineker è convinto che sia la squadra del 1986 che quella del 1990 avrebbero potuto vincere il torneo. Sul tema dei rigori non viene effettuata un’analisi specifica, se non per la propria attitudine personale (“più erano importanti, più mi piaceva tirarli”).

Ai mondiali seguirono due anni in cui l’età e qualche acciacco iniziarono a minare il rendimento del centravanti, che preferì non iniziare una lenta discesa tra le squadre del campionato inglese, ed accettare la proposta di contribuire al lancio del campionato giapponese. Nonostante l’impegno, a causa di vari infortuni riuscì a giocare poche partite, ed un giorno in cui fu recuperato facilmente da un difensore capì che era arrivato il momento di smettere.

L’ultima parte del libro è dedicata proprio alle difficoltà incontrate nel ridisegnare la propria vita all’età di soli 34 anni. Scartata l’ipotesi di allenare (nonostante buone proposte ricevute), pian piano Lineker si è avvicinato al mondo della TV, che è diventato la sua nuova passione e lo ha reso uno dei commentatori più noti ed apprezzati a livello mondiale.

Ciò è stato possibile grazie allo studio dei princìpi e delle tecniche della comunicazione, ma anche al bagaglio di esperienze, alla semplicità ed all’ironia che si ritrovano anche in questo volume.

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