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"FRAGILE"

Marco Van Basten 

Mondadori - 2020

Di questo libro impressiona la durezza dei racconti, delle opinioni, del linguaggio utilizzato dall’Autore per narrare le varie fasi della propria vita. A colpire, inoltre, è lo spazio dedicato alla carriera di calciatore, talmente breve da “coprire” meno della metà del volume. In un’epoca caratterizzata dalla notevole longevità agonistica dei calciatori più affermati (si pensi a Totti, Del Piero, Messi, Cristiano Ronaldo), si può dire che Van Basten abbia giocato ad alto livello sostanzialmente per sei stagioni, prima di arrendersi al dolore ed agli errori nella gestione delle cure. Un calvario, lunghissimo, iniziato nel 1986 con un fallo compiuto contro il suo marcatore in una partita contro il Groningen, di cui Marco dà una versione forse un po’ edulcorata (Bergkamp nel suo libro dice che fu una ripicca dopo un fallo subìto, e che per le successive generazioni dell’Ajax è stato un monito a stare “lontani dalle cose stupide”), ma che ha compromesso in breve tempo la funzionalità della caviglia destra, quando già quella sinistra aveva dei problemi. Eppure, nonostante siano passati tanti anni dall’ultima partita, la bellezza e la tremenda efficacia dei gesti tecnici di Van Basten sono vivissime nella memoria di chi lo ha visto giocare, ed hanno portato molti commentatori a collocare il centravanti olandese tra i più grandi calciatori di ogni epoca.

Il racconto degli anni più felici della carriera procede un po’ a salti e con qualche omissione (ad esempio non si fa praticamente cenno alle coppe intercontinentali), e si sofferma in particolare sull’Europeo del 1988, sulla magica notte di Barcellona dell’anno successivo e sugli anni vissuti con Capello in panchina.

Interessanti anche le riflessioni sulle tre grandi delusioni sportive di quel periodo: lo scudetto perso contro il Napoli (e qui i giudizi sono valsi all’Autore un preannuncio di querela da parte dell’arbitro Lo Bello), il disastroso mondiale del 1990 e l’errore dal dischetto che costò all’Olanda l’eliminazione negli europei svedesi del 1992. In quest’ambito, occorre dire che i giudizi espressi nei confronti di Arrigo Sacchi e di Rinus Michels appaiono ingenerosi e talvolta francamente eccessivi, al punto da far quasi sperare che siano stati dettati più dai noti dissapori personali, piuttosto che da reali convinzioni. Altrettanta (poca) diplomazia viene riservata in seguito ad alcuni compagni di squadra, arbitri, giocatori, dirigenti e perfino all’idolo/maestro Crujiff, con cui i rapporti si logorarono a causa della lotta per il controllo dell’Ajax.

Oltre a quella di calciatore, anche le successive esperienze di allenatore e dirigente sono state brevi e travagliate. In questi casi hanno pesato alcune caratteristiche della personalità di Van Basten (ansia, spigolosità di carattere) che lui stesso descrive con ammirevole sincerità, in parte anche nel titolo.

 

Di notevole importanza è la parte del libro dedicata all’infanzia ed alla vita familiare, anch’esse segnate da una infelicità di fondo e da alcuni episodi altamente drammatici. Diversi capitoli, poi, raccontano le disavventure finanziarie e fiscali che hanno rischiato di azzerare le disponibilità economiche dell’Autore, come già era accaduto ad altri noti personaggi dello sport (ad esempio Crujiff, Eriksson e Becker, che nelle loro autobiografie trattano diffusamente questi temi).

Nel descrivere tutte le avversità incontrate e tutte le “vite” finora vissute, Van Basten sembra utilizzare il libro come uno strumento di riflessione, analisi e pacificazione, in attesa di una nuova sfida professionale.

In questo senso, è particolarmente bello e profondo l’ultimo capitolo, in cui l’Autore prova a dare una spiegazione più o meno razionale al traumatico declino della propria carriera di calciatore, l’unico ruolo in cui si è sentito davvero felice.

In definitiva, oltre a qualche commento evitabile, il volume offre tantissimi spunti e racconti interessanti, per cui gli apprezzamenti della critica ed il grande successo editoriale appaiono nel complesso meritati.

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