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"PER ME...NUMERO 1"

    Dan Peterson

Egea Editori - 2013

L’idea di pubblicare questo libro è nata alla fine di una delle varie conferenze che Dan Peterson, come diversi altri sportivi (si pensi a Velasco, o Lippi) ha tenuto per spiegare il suo modello di gestione di un gruppo di lavoro.

L’opera è stata ispirata, accompagnata ed infine materialmente redatta da un esperto - il Professor Dino Ruta, docente di Practice di Leadership, Organization & Human Resources presso l’Università Bocconi di Milano - che ha incentrato i suoi studi proprio sul binomio persone-sport.

Non si tratta, dunque, di una classica autobiografia, perché il racconto della vita e della carriera di Dan Peterson, pur se effettuato in prima persona, ha come finalità l’individuazione e la condivisione di alcuni comportamenti da utilizzare nell’esperienza quotidiana.

Ogni “capitolo” della vita del protagonista viene raccontato avendo come riferimento gli insegnamenti acquisiti nel corso dell’attività sportiva, e si conclude con una scheda riassuntiva (curata da Ruta e corredata da bibliografia per chi vuole approfondire i singoli temi) in cui i punti essenziali vengono riepilogati e sottoposti all’attenzione del lettore attraverso alcuni quesiti.

Il risultato è, dunque, un saggio in veste autobiografica, molto scorrevole e condito dall’ironia dell’Autore.

Peterson deve la sua notorietà presso il grande pubblico alle sue apparizioni televisive (lo stesso titolo del libro è tratto da un suo celebre slogan pubblicitario), ma chi ha seguito la sua carriera di coach sa bene che il personaggio va molto oltre questo, e non coincide affatto con l’immagine bonaria del commentatore o delle sponsorizzazioni.

Nella prima parte del libro si racconta che la sua passione sportiva, nata con il nuoto, ben presto è stata attratta dalle dinamiche di squadra del basket. Non avendo la struttura fisica adatta per giocare, fin da adolescente Peterson è stato affascinato dalle tecniche di gestione del gruppo, arrivando a nascondersi sopra alcuni armadietti per seguire i discorsi del coach della prima squadra.

L’incoraggiamento dell’allenatore Jack Burmaster, la dedizione ed il talento hanno poi portato il giovane Dan a guidare con successo dapprima squadre giovanili e poi di adulti.

Ciò è avvenuto attraverso l’osservazione diretta di altre realtà (realizzata mediante innumerevoli ed interminabili viaggi in auto per gli Stati Uniti) e con lo studio metodico dei dati statistici, raccolti in appositi quaderni. Quest’ultimo elemento, molto importante ed attuale, è sempre stato tipico dello sport statunitense ed in particolare del baseball, in cui i dati di alcuni fondamentali risultano annotati addirittura a partire dall’inizio del secolo scorso, e sono stati in seguito sistematizzati.

Un altro aspetto molto curato da Peterson è stato quello della preparazione fisica dei giocatori, inizialmente sottovalutato dalla maggior parte dei colleghi.

Dopo le esperienze in Michigan (1963) e Delaware (1966), all’inizio degli anni settanta arriva la proposta di allenare la nazionale cilena; nonostante le grandi difficoltà a livello sportivo, politico e personale, l’esperienza sudamericana si rivela centrale nella carriera dell’Autore, e lo prepara per il periodo professionalmente più significativo, vissuto in Italia.

Tra il 1973 ed il 1987 arrivano i grandi successi a Bologna (sponda Virtus) e Milano, che vengono descritti in maniera accurata. Anche qui emerge il dato di leadership di Peterson, che richiama alcune figure di riferimento (tra i giocatori, in particolare, Terry Driscoll) e delinea gli aspetti ritenuti più importanti nel coaching.

In quest’ottica vengono individuati “5 pilastri”, costituiti dall’interazione con società, squadra, pubblico, arbitri e media. Ad ognuno di essi vengono dedicate brevi ma acute riflessioni, collegate ad aneddoti, ricordi personali ed insegnamenti di vecchi maestri (uno gli disse: “la cosa più importante è fare amicizia con il custode della palestra”, e lui non lo ha mai dimenticato).

In diverse occasioni Peterson menziona la sconfitta: la considera come un momento assolutamente fondamentale della crescita, per alcuni versi più importante della vittoria, e dunque da accettare e gestire in maniera positiva.

Assumono, inoltre, grande rilievo le regole del gruppo, che in qualche caso l’Autore ricorda di aver demandato agli stessi giocatori, scoprendo un grado di severità perfino superiore al suo.

La parte finale dell’opera contiene degli interessanti ritratti di Peterson, affidati ad alcune persone del mondo sportivo che lo hanno incrociato a vario titolo (Adriano Galliani, Mike D’Antoni, David Stern, Milenko Skoknik, Stefano Domenicali, Vittorio Gallinari, Dino Meneghin, Livio Proli, Bruno Bogarelli, Franco Arturi).

Galliani, in particolare, racconta che nel 1987, prima di scegliere Arrigo Sacchi, il management del Milan ha pensato di affidare a Dan Peterson la panchina della prima squadra.

Sebbene la scelta di Sacchi si sia rivelata molto azzeccata, anche questo aneddoto rende merito ad uno sportivo che ha dimostrato di avere doti non comuni, “esportabili” in discipline diverse dal basket ed anche in altri ambiti professionali.

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